IL PARADOSSO DELLE DUE FENDITURE...

 

In definitiva, gli oggetti quantistici si trovano in certi stati che non sono sempre dotati di valore definito delle osservabili prima della misura: infatti č l'osservatore che costringe la natura a rivelarsi in uno dei possibili valori, e questo č determinato dall'osservazione stessa, cioč non esiste prima che avvenga la misurazione. Per introdurre una definizione apparentemente audace, ma che verrà le caratteristiche reali ed oggettive del sistema fisico sono definite solo quando vengono misurate, e quindi sono "create" in parte dall'atto dell'osservazione.

Questa affermazione può sembrare bizzarra, ma ha una validità molto più profonda di quanto si possa immaginare. Molti fisici tra cui Einstein,, hanno inizialmente rifiutato questa insolita interpretazione, ma gli esperimenti hanno evidenziato che questa è l'unica soddisfacente.

La meccanica quantistica quindi introduce due elementi nuovi ed inaspettati rispetto alla fisica classica: una è appunto l'influenza dell'osservatore, che costringe lo stato a diventare un autostato; l'altra è la casualità nella scelta di uno tra i diversi possibili autostati (ognuno con una propria probabilità).

Il primo elemento inaspettato è la violazione dell'oggettività. Il secondo è l'indeterminazione, che rappresenta un'inaspettata violazione della perfetta intelligibilità deterministica. Entrambi gli elementi sono estranei alla mentalità della fisica classica, cioè rispetto a quella concezione ideale (galileiana, newtoniana e perfino einsteiniana) che pretende che l'universo sia perfettamente oggettivo ed intelligibile.

La prima interpretazione della meccanica quantistica, che fu proposta da alcuni scienziati includeva la figura dell'osservatore come parte del sistema fisico osservato! Così la figura dell'osservatore cosciente fece capolino in una scienza fino ad allora considerata rigorosamente oggettiva (la Fisica). Non a caso le grandezze fisiche misurabili in meccanica quantistica, come la posizione, l'energia, la quantità di moto, eccetera, vengono chiamate osservabili. Infatti si sottintende che la loro esistenza ha senso solo in funzione di una possibile osservazione.

Questo rivela la strana situazione in cui gli scienziati si trovano nell'analisi dei sistemi quantistici. Con la meccanica quantistica la scienza sembra essere arrivata a rivelare quella misteriosa frontiera tra soggetto ed oggetto che in precedenza era stata del tutto ignorata a causa del principio (nascosto e sottinteso) dell'oggettivazione: fino agli anni ‘20 la realtà poteva essere considerata del tutto "oggettiva" ed indipendente dall'osservazione di eventuali esseri coscienti. Ma con la formulazione della meccanica quantistica sembrò che si dovesse tener conto necessariamente della figura dell'osservatore cosciente!


La concezione che abbiamo intravisto alla fine del paragrafo precedente è la prima versione della cosiddetta interpretazione di Copenaghen della meccanica quantistica. Copenaghen è la città di Bohr, in cui operavano anche altri importantissimi scienziati come Heisenberg, Pauli, Born, Dirac. Tutti questi fisici sono considerati i fondatori della meccanica quantistica insieme a Planck, allo stesso Einstein, a De Broglie e a Schrödinger.

Occorre precisare che la meccanica quantistica, pur segnando la fine del concetto di oggettività classica, permette ancora di parlare di "oggettività degli stati quantistici". Infatti gli stati quantistici rimangono sempre esattamente definiti da un punto di vista matematico. Il problema è che si tratta di un tipo di "oggettività" ben diversa e limitata rispetto a quella familiare e sottintesa nella fisica classica, ed è per questo molti fisici preferiscono parlare espressamente di "non-oggettività". Ma torniamo all'interpretazione di Copenaghen.

Vi furono subito delle reazioni a tale concezione, poiché in fisica era sottinteso da sempre che l'universo esiste oggettivamente, indipendentemente dal fatto che noi lo osserviamo o meno. In effetti, la scienza ebbe il suo grandioso sviluppo fin dal 1600 proprio grazie all'ipotesi dell'oggettivazione. Così i fisici degli anni '20 e '30 cercarono delle soluzioni concettuali per sfuggire a tale insolita situazione (che nella cornice dell'oggettivazione appare del tutto paradossale).

Le reazioni in questione furono numerose ed energiche, e misero a confronto le convinzioni di grandissimi scienziati, come Einstein (che riteneva che la meccanica quantistica fosse incompleta o comunque inaccettabile in questa forma) e come Bohr (che sosteneva invece la validità della teoria in questione).

Bohr volle subito eliminare la figura di un osservatore cosciente, troppo scomoda per una scienza ritenuta puramente oggettiva. Così l'interpretazione di Copenaghen fu presto modificata con degli artifici che sostituissero la figura dell'osservatore cosciente. Tale iniziativa si rese necessaria anche per la critica rivolta da Schrödinger con il suo scherzoso "paradosso del gatto", che per brevità qui non citeremo (per inciso, è singolare che Schrödinger assumesse una posizione critica verso la necessità di un "soggetto cosciente" nella teoria quantistica, mentre invece nelle sue considerazioni filosofiche egli considerava l'intero universo come un "prodotto del pensiero"!).

In pochi anni così fu messa a punto la versione definitiva della "interpretazione di Copenaghen" della meccanica quantistica. Secondo la versione definitiva dell'interpretazione di Copenaghen, la realtà quantistica resta in uno stato indefinito e "non-oggettivo" (almeno rispetto ai canoni della fisica classica), ma non per questo è necessaria la figura di un osservatore cosciente (anche se nella prima versione essa sembrava indispensabile): è sufficiente che avvenga una "reazione termodinamica irreversibile" affinché lo stato non oggettivo diventi uno stato oggettivo.

Nel capitolo precedente abbiamo visto che molti fenomeni risultano irreversibili in fisica classica: se per esempio io vengo filmato mentre frullo una mela e poi tale filmato viene proiettato a rovescio (cioè col tempo invertito), tutti possono riconoscere che c'è qualcosa che non va, poiché è impossibile che il frullato possa ricomporre perfettamente la mela originaria. Un altro esempio di fenomeno irreversibile è quello che avviene su una pellicola quando viene scattata una fotografia: non è possibile far ritornare la pellicola allo stato iniziale.

Ebbene, quando un elettrone viene "visto" in un rivelatore, lascia dei segni irreversibili o sul rivelatore stesso oppure su un suo supporto (carta fotografica o altro): ciò comporta una "reazione termodinamica irreversibile" tra l'elettrone ed il rivelatore o la carta fotografica, e ciò è sufficiente a rivelarlo nel "mondo oggettivo" della fisica classica senza la necessità di un soggetto cosciente che testimoni tale evento.

Fu anche proposta un'interpretazione "operativa" del principio di indeterminazione: per poter misurare una caratteristica di un oggetto fisico, occorre necessariamente interagire con esso, e questa interazione "perturba" inevitabilmente lo stato originario, creando appunto la piccola "indeterminazione". In questo modo, secondo gli scienziati di Copenaghen, si ottiene un'interpretazione del tutto ragionevole ed accettabile dell'indeterminazione.

In realtà tutto questo non spiega il "mistero" della non-oggettività delle caratteristiche fisiche prima della misura (e vedremo più avanti che tale non-oggettività è strettamente necessaria per la coerenza della teoria con gli esperimenti e crea degli incredibili paradossi).

Inoltre l'espediente di Copenaghen, nato al puro scopo di eliminare la figura del soggetto cosciente dalla teoria, si scontra con varie difficoltà. Anzitutto sembra impossibile che l'esistenza del mondo microscopico, cioè subatomico, debba dipendere da eventi termodinamici irreversibili, ovvero eventi "macroscopici" nell'ambito della fisica classica, mentre in realtà è il mondo macroscopico ad essere costituito da un insieme di eventi microscopici!

La situazione è chiaramente contraddittoria, poiché il mondo macroscopico (dei nostri oggetti familiari) è costituito di oggetti microscopici (cioè di atomi e dei suoi costituenti, cioè elettroni ed altre particelle), e non è chiaro come poi l'esistenza stessa di tali oggetti microscopici possa a sua volta essere sancita solo da eventi termodinamici che sono propri ed esclusivi del mondo macroscopico!

Nel capitolo precedente infatti avevamo visto che ovviamente la "termodinamica" osservata a livello macroscopico in realtà era prodotta dalla statistica sugli eventi microscopici. Qui viceversa si suppone che la "realtà" del mondo quantistico (microscopico) sia subordinata alla realtà dei fenomeni termodinamici (macroscopici), il che lascia una profonda lacuna concettuale, se non una chiara ed evidente contraddizione.

Per questo ed altri motivi, Wigner, Von Neumann ed altri fisici restarono fedeli alla prima versione dell'interpretazione di Copenaghen, secondo la quale occorre la coscienza umana affinché uno stato possa "collassare" in un autostato!

Va infine sottolineato che negli anni '90 il gruppo di Chiao, dell'Università di Berkeley, ha dimostrato che il "collasso della funzione d'onda" può essere reversibile, e non è sempre irreversibile come credevano gli scienziati di Copenaghen (cosa che i fisici degli anni '20 e '30 non potevano ancora sapere...). Questo confuta definitivamente la scappatoia basata sui fenomeni termodinamici irreversibili, e ripropone in tutta la loro stranezza e stravaganza i paradossi quantistici. Ma questi argomenti verranno ripresi più avanti.


La critica di Einstein e di altri fisici fu molto più radicale: essi sostennero che la meccanica quantistica era una teoria incompleta e provvisoria, che avrebbe dovuto essere perfezionata col tempo per eliminare alcuni aspetti indesiderati, sebbene funzionasse perfettamente sul piano sperimentale.

Le obiezioni di Einstein appaiono molto "logiche" e "realistiche", ma erano errate. Col senno di poi, possiamo dire che questa fu una delle poche intuizioni errate di Einstein: la sua "fedeltà" alla concezione puramente oggettiva dell'universo fu così forte da indurlo a dubitare di una teoria - la meccanica quantistica - che lui stesso aveva contribuito a fondare!

Anzitutto Einstein non accettava che esistesse un'indeterminazione sulle misure quantistiche, ovvero che i risultati non fossero pienamente determinabili in anticipo: ciò, secondo Einstein, introduceva nella fisica l'influenza del "caso cieco", per lui assolutamente inaccettabile. A questo proposito è rimasta celebre la sua frase: "Dio non gioca a dadi con il mondo". Meno famosa è la risposta di Bohr: "Non è compito degli scienziati dire a Dio come funziona il mondo, ma solo scoprirlo".

Inoltre Einstein non credeva alla possibilità di caratteristiche fisiche "non-oggettive", ma riteneva che i valori delle osservabili esistessero oggettivamente anche prima della misura, indipendentemente dal fatto che venissero misurati o meno. Insomma, secondo Einstein (come probabilmente secondo il lettore o qualsiasi persona che non abbia ancora accettato il nuovo messaggio implicito nella meccanica quantistica) l'universo deve esistere oggettivamente, sia che noi l'osserviamo o meno! Per questo egli considerava la meccanica quantistica "incompatibile con ogni concezione ragionevole e realistica dell'universo".


Negli anni '60 il fisico Bell propose un certo esperimento, leggermente diverso dall'esperimento EPR originario, ma che poteva essere effettivamente compiuto in laboratorio. In base al cosiddetto "teorema di Bell", se tale esperimento desse certi risultati (che qui per semplicità non esporremo), l'obiezione di Einstein verrebbe respinta, e verrebbe confermata la validità della meccanica quantistica con tutti i suoi "giochi di prestigio".

Negli anni '70 l'esperimento di Bell fu realizzato da vari ricercatori, che finalmente verificarono la validità della meccanica quantistica con i suoi paradossi e la sua non-oggettività! Alcuni fisici però obiettarono che gli esperimenti non erano stati condotti in maniera rigorosa, adducendo varie critiche. Così furono effettuati esperimenti sempre più sofisticati e precisi, fino all'esperimento condotto da Aspect et al. nel 1982, che viene considerato decisivo per la validità della meccanica quantistica nella forma non gradita ad Einstein.

Il principio di "località" di Einstein può essere violato in certi casi che si riscontrano in particolari sistemi quantistici, anche se le influenze "istantanee" sono soggette a molte limitazioni e non intaccano la validità della teoria della relatività: in parole povere, non è possibile accelerare una particella fino a farle raggiungere la velocità della luce o velocità superiori. Però possono esistere delle strane influenze non-locali tra particelle quantistiche che in origine erano connesse e che poi sono state allontanate.

Molti esperimenti condotti recentemente hanno dimostrato pienamente l'esistenza dei "giochi di prestigio" quantistici. Negli anni '90 Rarity e Tapster del Royal Signals and Radar Establishment hanno finalmente condotto un'esperimento reale che risulta molto simile al paradosso EPR nella sua forma originaria. In estrema sintesi, in questo esperimento un laser emette un fotone, cioè un quanto di luce, il quale viene diviso in due fotoni di energia dimezzata da un dispositivo chiamato convertitore verso le basse frequenze. I due fotoni gemelli vengono allontanati tra di loro: ebbene, l'esperimento ha evidenziato che resta una correlazione tra i due fotoni, sebbene possano essere lontanissimi tra di loro, cosicché una misura effettuata su uno dei due fotoni può alterare lo stato dell'altro! Avviene cioè proprio ciò che Einstein aveva definito assurdo e impossibile quando aveva proposto l'esperimento EPR.


Interferenza quantistica.

Iniziamo ad analizzare alcuni esperimenti quantistici davvero incredibili. Molti dei seguenti esperimenti sono descritti in un ottimo articolo pubblicato su Le Scienze n.289 del 1992,La filosofia dei quanti di J.Horgan.

Partiamo da un esperimento di importanza fondamentale. Consideriamo una sorgente di particelle "classiche" che vengono inviate su un bersaglio: per esempio un lanciabiglie che spara verso di un muro distante 10 metri (non in una direzione fissa, ma in modo da coprire tutto il muro). Quindi frapponiamo una "maschera" tra la sorgente ed il bersaglio, ovvero uno schermo forato, a circa 2 metri dal bersaglio: la maschera può essere una lastra di metallo con due fori rettangolari stretti e lunghi "fenditure", disposte come in figura sotto.



La maschera con le due fenditure


È evidente che sul bersaglio (sul muro) giungeranno solo le biglie in corrispondenza dei due fori, mentre le altre verranno fermate dalla maschera. In definitiva, le biglie che colpiranno il bersaglio formeranno due rettangoli stretti e lunghi che saranno la "proiezione" sul bersaglio dei due fori della maschera vedi sotto.



- La maschera ed il bersaglio nel caso delle biglie


Siamo nell'ambito della fisica classica ed è tutto chiaro e comprensibile.

Ora ripetiamo l'esperimento con delle onde al posto delle biglie, per esempio delle onde sonore. In tal caso le onde colpiranno il bersaglio non soltanto in corrispondenza dei due fori, ma anche in altre parti del muro; se si potessero visualizzare le parti colpite con maggiore e minore intensità, vedremmo una tipica figura a frange detta figura di interferenza, che si estende ben oltre la proiezione delle fenditure. Ciò è dovuto ad un fenomeno ondulatorio detto interferenza: grazie a tale fenomeno, le onde possono colpire regioni del bersaglio che sarebbero irraggiungibili per le biglie.



- La figura di interferenza nel caso delle onde


Va aggiunto che se si tappa una delle due fenditure, l'interferenza non può più avere luogo, e la distribuzione delle onde sul bersaglio diventerà simile a quella dei proiettili, ovvero sullo schermo si vedrà la proiezione dell'altra fenditura, quella aperta (in realtà apparirà un po' dispersa a causa di un fenomeno ondulatorio chiamato diffrazione, ma questo non cambia il nocciolo della questione). Si usa dire che in tal caso la figura di interferenza viene "distrutta". Anche questo è perfettamente comprensibile in termini di fisica classica.

Passiamo adesso al caso quantistico: consideriamo degli elettroni e ripetiamo un esperimento simile, ovviamente su scale molto più piccole.

La sorgente emette elettroni distinti, cioè particelle e non onde, e quindi ci aspettiamo di avere la stessa situazione che si presentava nel caso delle biglie: gli elettroni dovrebbero colpire solo due zone rettangolari in corrispondenza delle fenditure. Invece otteniamo una figura di interferenza come nel caso delle onde! Eppure non si tratta di onde, ma di particelle distinte.

Proviamo a rallentare il processo ed inviare un singolo elettrone alla volta: ovvero aspettiamo che un elettrone giunga sul bersaglio prima di far partire il successivo. Esso viene emesso come una particella singola; supera la maschera; e raggiunge il bersaglio come particella singola. Esso però può colpire zone del bersaglio irraggiungibili ad una particella, come se fosse un'onda! Continuando ad inviare singoli elettroni, uno alla volta, alla fine essi ricostruiscono la figura di interferenza tipica delle onde! Sebbene si tratti di particelle singole, nell'attraversare la maschera ciascuna di esse si comporta come un'onda estesa che produce interferenza.

- Gli elettroni formano la figura di interferenza!


Ma com'è possibile che un singolo elettrone si comporti come un'onda e faccia interferenza con se stesso?! E da quale dei due fori passa il singolo elettrone? Per poter produrre l'interferenza, esso deve essere un'onda e passare contemporaneamente dai due fori, il che secondo noi non è possibile per una particella singola. In questo ragionamento chiaramente applichiamo all'elettrone il concetto di "particella classica", ma esso non è più valido in meccanica quantistica.

In realtà, finché l'elettrone non viene rivelato sul bersaglio, esso non si trova mai in un punto preciso dello spazio (cioè in un autostato della posizione), ma esiste in uno stato potenziale astratto descritto da una funzione d'onda, che si propaga appunto come un'onda e non secondo una traiettoria definita.

De Broglie e Schrödinger tentarono di descrivere tutto il mondo quantistico in termini di onde, abolendo il concetto di particella. Bohr ed altri fisici però obiettarono che all'atto della rivelazione l'elettrone si comporta come una particella e non un'onda (la funzione d'onda collassa in un punto) e fecero notare altri aspetti tecnici che rendono vana la spiegazione puramente ondulatoria.

A questo punto possiamo immaginare di "smascherare il trucco" andando a vedere che cosa fa realmente l'elettrone nell'attimo in cui attraversa la maschera. Nella nostra convinzione infatti l'elettrone deve oggettivamente passare da uno dei due fori e non dall'altro (questo è il cosiddetto "realismo" di Einstein), e noi vogliamo "coglierlo" in quell'attimo per scoprire il suo segreto: sarebbe come osservare attentamente un prestigiatore e riuscire a scoprire l'attimo in cui effettua il suo trucco.

Ma per cogliere l'elettrone sul fatto, dobbiamo rivelarlo. Per far ciò, possiamo inviare sull'elettrone una debole luce e verificare se viene riflessa da esso. Quindi poniamo una debole sorgente luminosa dietro uno dei due fori, e vediamo se riusciamo a cogliere l'elettrone. Questo è sperimentalmente possibile, ma così facendo la figura di interferenza scompare! Infatti: o l'elettrone passa dal nostro foro, quindi viene individuato dal nostro rivelatore, e in quell'attimo diventa "particella reale"; oppure passa dall'altro foro, ma quando passa da un foro solo - sia esso onda o particella - non può produrre interferenza!

La meccanica quantistica non ci permette di avere contemporaneamente la figura di interferenza e la conoscenza del singolo foro da cui l'elettrone è passato. O l'uno o l'altro: o l'elettrone viene rivelato come particella oggettiva, e quindi non produce interferenza, o è un'onda estesa, ed in tal caso non passa da un solo foro, bensì da tutte e due (ma anche quest'ultima affermazione ha delle limitazioni e dovremmo dire: "è come se fosse passata da tutte e due").

- La spiegazione 'operativa' non è esauriente !

Alcuni fisici in passato tendevano a sottovalutare tale fenomeno e preferivano dare una spiegazione "operativa" di quello che succede: per vedere l'elettrone mentre passa da un foro, dobbiamo osservarlo, quindi inevitabilmente dobbiamo perturbare il sistema e la figura di interferenza scompare. I fisici "realisti" quindi non si meravigliavano più di tanto: abbiamo perturbato il sistema con una misura "invasiva", ed esso si è adeguato: che cosa c'è di tanto strano?

In realtà questa spiegazione, pur essendo parzialmente valida, ignora alcune implicazioni molto più profonde, rivelabili solo con altri esperimenti. Infatti è possibile fare scomparire la figura di interferenza con un'azione molto più "evanescente" di quella considerata finora, ovvero senza una misura invasiva. In pratica basta solo la "minaccia" di una misura a far cambiare stato al sistema! A tal proposito analizzeremo poco più avanti gli strabilianti esperimenti del gruppo di L.Mandel e di altri gruppi.

Prima però rimaniamo sull'esperimento dei due fori per notare un aspetto incredibile previsto dal fisico Wheeler, che smentisce l'apparente "ragionevolezza" della spiegazione "operativa" dell'esperimento (basata sul fatto che la misura è "invasiva").

Gli esperimenti in questione possono essere effettuati indifferentemente su elettroni o su "fotoni"; i fotoni sono "quanti di luce". Infatti a livello quantistico le particelle che noi chiamiamo "materiali" si comportano in un modo che per molti versi è simile a quello in cui si comportano i "campi di forze", come per esempio i campi elettromagnetici (la luce è appunto un campo elettromagnetico che si propaga come un'onda).

Ovviamente vi sono varie differenze tra cosiddette "particelle materiali" e "campi di forze" (per esempio i primi sono "fermioni" e i secondi "bosoni" ( tanto cari a Higgs e meno al prof.Ossini ), il che crea delle differenza nel loro comportamento collettivo): tali differenze però non sono determinanti negli esperimenti che stiamo analizzando. In definitiva l'esperienza dei due fori si può effettuare anche con dei fotoni (quanti di luce), ed anzi risulta molto più semplice che con gli elettroni (è sufficiente utilizzare un laser).

Liberamente estratto dal libro "Il Segreto dell'Universo "

Per avere una piu' esaudiente spiegazione ,gira in youtube un video dove il prof.Quantus da' delle dimostrazioni

e' in inglese ,l'audio e' stato soppresso ma sono stati inseriti i sottotitoli.

Si evidenzia che il comportamento delle particelle di materia o meglio degli elettroni e' influenzato dalla presenza di un osservatore...

filmato sul paradosso delle due fessure

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